Ricorre a un’efficace immagine del gioco di scacchi l’economista Carlo Cottarelli per spiegare quale funzione reale potrebbe avere la posizione attuale di chiusura del Governo Meloni sul Mes (fondo salva-Stati) nelle partite aperte con Bruxelles, non ultime quelle che riguardano la candidatura dell’ex ministro Daniele Franco alla guida della Bei e la sostituzione di Fabio Panetta (futuro Governatore della Banca d’Italia) nell’esecutivo Bce.
“Se giocassimo una partita a scacchi – spiega l’ex senatore Pd – la riforma del Mes più che una torre equivarrebbe a un pedone. Voglio dire che non c’è molto da scambiare. Però il governo potrà dire di aver ottenuto qualche cosa”. Ancora più drastico Sandro Gozi, già sottosegretario agli Affari europei dei Governi Renzi e Gentiloni ed oggi eurodeputato di Renew Europe: “nell’ultimo consiglio europeo la Meloni, neoeletta presidente del gruppo dei conservatori europei Ecr si è trovata isolata rispetto ai suoi principali alleati Polonia e Ungheria sulla questione immigrazione”.
La posizione del Governo sul Mes e la logica dell’approccio “a pacchetto” che lega il Fondo salva Stati con riforma del Patto di stabilità e unione bancaria, secondo Gozi non è affatto accettata dagli altri Stati memebri, la Meloni “si è infilata in un vicolo cieco e se si riformerà il Patto di stabilità cercherà di vendere in Italia che è stato per merito della firma sul Mes ma è un collegamento che nessuno Stato intende fare”.
Resta ancora da capire se le critiche della Meloni alle politiche della Bce sui tassi possano in qualche modo riflettersi sulle prossime nomine alla Banca centrale europea e alla Bei.
La sostituzione di Fabio Panetta (che dal 1° novembre guiderà Banca d’Italia come governatore) nell’esecutivo dell’Eurotower sarà decisa dopo l’estate mentre tempi più ravvicinati si preannunciano per la sostituzione di Werner Hoyer a presidente della Banca europea degli investimenti (Bei). Se ne parlerà sicuramente all’Eurogruppo e all’Ecofin in programma il 13 e 14 luglio prossimi. L’Italia (e in particolare il ministro dell’Economia Giorgetti) sta guidando un’operazione a vasto raggio per favorire la candidatura dell’ex ministro e già braccio destro di Mario Draghi, Daniele Franco.
Ma non è affatto da sottovalutare la candidatura dell’attuale vicepresidente e commissaria alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager che appartiene al gruppo dei liberaldemocratici. Una recente lettera della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen alla Vestager è stata interpretata come un altolà alla candidatura ma più correttamente attenti osservatori europei ne danno una lettura diversa, ossia mostrare pubblicamente che non vi è (né vi può essere) alcun collegamento tra Commissione Ue e presidenza della Bei.
Per di più, se dovesse sfumare la candidatura della giovane premier danese, Mette Frederiksen alla segreteria generale della Nato i Paesi del Nord non avrebbero alcun posto di rilievo nelle istituzioni europee e la Vestager sarebbe quindi una favorita. Un’altra candidata è quella di Nadia Calvino, attuale ministro dell’Economia del governo spagnolo guidato dal dimissionario Pedro Sanchez ma non è chiaro se la Calvino si presenterà oppure no alle prossime elezioni.
Non meno complessa la sostituzione di Panetta nel board della Bce La presidente della Bce Lagarde ha già fatto conoscere il suo orientamento che sarebbe a favore di una candidata donna per rafforzare le “quote rosa” nell’Eurotower.
L’Italia si è già esposta con la candidatura dell’attuale vicedirettore di Bankitalia, Piero Cipollone ma potrebbe nel caso avanzare altre candidature di donne come quella di Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale di Bankitalia oppure Concetta Brescia Morra, docente di Diritto Bancario all’università del Sannio a Benevento ed Elena Carletti, professoressa di ricerca presso la Bundesbank. Ma tra le donne ci sarebbero anche Veronica De Romanis di Société Générale (moglie di Lorenzo Bini Smaghi, ex Bce) e Lucrezia Reichlin, già nel cda di Carige e Unicredit.
Non è affatto scontato che a sostituire Panetta debba andare per forza un italiano. Gli Stati membri più piccoli chiedono da tempo di venire rappresentati nel board. La Meloni prima di dare disco verde alla nomina di Panetta a Palazzo Koch si sarebbe però garantito il sostegno dei grandi Paesi per assicurarsi il diritto di sostituire Panetta. Ma secondo il Financial Time “l’Italia potrebbe affrontare una battaglia per scegliere il suo successore”.
Insomma, passata l’estate, per l’Italia si prospetta una strada tutta in salita nei rapporti con Bruxelles. La differenza a quel punto la potranno fare solo gli alleati della Meloni, quelli di Roma, perché quelli europei (Budapest e Varsavia) l’hanno già lasciata sola.