Sembrano ormai archiviate in ricordi sbiaditi quelle lacrime versate da Helmut Kohl nel dicembre dell’89 quando supplicava al presidente francese Mitterand di aiutarlo per accelerare al massimo la riunificazione tra le due Germanie.
Quella di cui si faceva portavoce Kohl era ancora la Germania paneuropea, quella della “pace perpetua” di Kant e che con Genscher, nel febbraio del 1988 aveva lanciato perfino la proposta della moneta unica come corollario al mercato unico. Ma, dopo il trattato di Lisbona nel 2009, è tornata a riaffacciarsi l’anima nazionalpopolare con un freno ad ogni tentativo di approfondire il processo di integrazione europea.
Insomma le due anime tedesche confronto analizzate ora con meticolosità scientifica da un giurista, consigliere di Stato e senatore spagnolo Antonio Lopez Pina nel libro “La questione tedesca” tradotto in italiano dall’editore Mazzanti di Venezia e che verrà presentato oggi mercoledì 12 ottobre a Bologna alla presenza dell’autore insieme all’ex presidente della Commissione Ue ed ex premier, Romano Prodi e all’ex presidente della Consulta, Gustavo Zagrebelski.
La tesi di fondo di Pina è che questo “cambio di pelle” della Germania trovi una giustificazione nel senso di superiorità sugli altri Paesi. Ma soprattutto nelle tre sentenze emanate dal Tribunale costituzionale di Karlshrue in materia di rapporti tra diritto europeo e diritto costituzionale tedesco. Nella prefazione al libro, curata da due diplomatici e grandi europeisti come Raniero Vanni d’Archirafi e Roberto Nigido, si ricorda che dopo la riuinificazione e sotto i Governo di Schroeder e della Merkel e con la complicità del Tribunale costituzionale tedesco “la Germania ha abbracciato il “volknazionalismo” bloccando qualsiasi riforma significativa delle istituzioni europee.”
Un libro, dice ora Raniero Vanni d’Archirafi scritto prima della guerra in Ucraina e della crisi energetica ma che mostra tutta la sua grane attualità. Uno dei segnali negativi sono i 200 miliardi di euro a famiglie e imprese decisi da Berlino per far fronte alla crisi energetica e ora anche il no del ministro dell’Economia a un Recovery fund per l’energia”. Insomma, secondo Vanni, la ventata del nuovo sovranismo con Orban, Meloni, Abascal e Morawiecki si sta allargando ma la sponda di Berlino quella più pericolosa per il futuro prossimo.