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LA NATO GUARDA A EST MA ABBANDONA MEDITERRANEO

DRAGHI POSSIBILE CANDIDATO PER DOPO STOLTENBERG

MADRID – Alla fine è toccato al presidente Usa Joe Biden spiegare la nuova strategia della Nato uscita dal vertice di Madrid più forte, allargata a Svezia e Finlandia ma concentrata soprattutto ad Est. Un vertice che era stato immaginato per ridare smalto all’Alleanza con la riforma 2030 che avrebbe dovuto ridisegnare il perimetro dell’azione e delle sfide future che è divenuta fatalmente ostaggio della crisi ucraina.

Biden: il mondo cambia, cambia anche la Nato

“L’ultima volta che la Nato ha elaborato una nuova strategia è stato 12 anni fa- ha spiegato Biden al termine del vertice – a quel tempo, la Russia era definita un partner, e la Cina non era neppure menzionata. Il mondo è cambiato parecchio da allora, e anche la Nato sta cambiando. Abbiamo invitato due nuovi membri ad unirsi alla Nato, un atto storico- ha aggiunto il presidente Usa – Finlandia e Svezia sono due Paesi con una lunga tradizione di neutralità, che hanno scelto di unirsi alla Nato. Stiamo posizionando più navi in Spagna, più difese aeree in Italia e Germania. E sul fianco orientale, uno nuovo quartier generale permanente in Polonia, una brigata da combattimento aggiuntiva in Romania, dispiegamenti aggiuntivi a rotazione nei Paesi baltici. Le cose cambiano, per adattarci al mondo com’è oggi, e tutto questo accade sullo sfondo dell’aggressione russa contro l’Ucraina”.

Secondo Biden mentre la Russia rappresenta una “minaccia diretta” per l’Europa, la Cina sfida “l’ordine mondiale basato sulle regole”.

Minuto Rizzo: agenda ostaggio della crisi ucraina

“La crisi ucraina – osserva l’ex segretario generale aggiunto della Nato, ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo – ha obbligato la Nato a concentrarsi sul rafforzamento del fronte orientale con la gran parte dei 300mila uomini della forza di intervento rapido quasi tutti dispiegati tra Polonia e Paesi baltici”. Ma qualcosa resta dell’impostazione iniziale del vecchio concetto strategico, aggiunge Minuto Rizzo. “ Ad esempio si cita la Cina come nuova minaccia sistemica per la sicurezza occidentale”.

Pontecorvo: Italia sola nella missione in Iraq

Dello stesso parere Stefano Pontecorvo, già ambasciatore italiano in Pakistan e, da ultimo, rappresentante civile della Nato a Kabul. “la Nato – osserva Pontecorvo – sta uscendo dai confini europei e si sta occupando del mondo e di minacce sistemiche come quelle della Cina. Un cambio di passo significativo per un’alleanza che finora si era concentrata sulle sfide del Mediterraneo e dei Balcani”. Non proprio un segnale incoraggiante per l’Italia che si trova sguarnita a far fronte alle minacce provenienti dalla sponda Sud del mediterraneo in termini di flussi migratori e sacche non ancora totalmente sradicate di fondamentalismo islamico. Soprattutto nel momento in cui è tutta in mano italiana la missione Nato in Iraq.

Guerini: 65 militari Usa e sistema difesa aerea

Ma cosa cambierà tutto ciò per l’Italia? Secondo il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini “è stato peraltro annunciato l’adattamento della presenza militare statunitense in Europa: aspetto che, per quanto riguarda l’Italia, comporterà lo schieramento – a seguito delle previste procedure di autorizzazione – di 65 unità aggiuntive di personale nonché di una batteria per la difesa aerea a corto raggio, destinata a consentire la rotazione di analoghe batterie già schierate sul Fianco Est”. “Questo summit è un momento storico”, ha aggiunto il ministro Guerini, “un momento di trasformazione. Evolversi senza perdere la propria identità, adattarsi ai tempi che cambiano: sono i segreti del successo di un’organizzazione difensiva che, in 73 anni di storia, ha saputo rinnovarsi mantenendo intatta la sua missione: difendere i propri membri dalle minacce esterne, senza costituire una minaccia per altri”.

Draghi possibile candidato al dopo Stoltenberg

E’ quindi un fatto che la gran mole di uomini, mezzi e risorse economiche dell’Alleanza Atlantica per i prossimi anni saranno assorbite quasi per intero dal fronte orientale. Se a ciò si aggiunge il fatto che ormai da anni il segretario generale della Nato è espressione di Paesi del Nord (prima il danese Rasmussen e ora per un altro anno il norvegese Stoltenberg) tutto ciò concorre a rendere tutta in salita la candidatura di un nuovo segretario generale del Sud Europa o meglio come si vorrebbe dell’Italia. Non si può certo definire un segno di grande rispetto per gli altri leader dell’Alleanza la repentina partenza del premier italiano Mario Draghi a vertice non ancora concluso richiamato in Italia da vicende tutte domestiche. Draghi resta tuttavia uno dei candidati possibili alla successione di Stoltenberg tra un anno anche se era stato proprio Draghi un anno fa al G7 in Cornovaglia a escludere una candidatura italiana (in quel momento i nomi che si facevano erano quelli di Enrico Letta e Matteo Renzi). I temi della crisi ucraina e della nuova postura della Nato saranno comunque al centro martedì prossimo del viaggio lampo di Draghi ad Ankara per un incontro con il presidente Tayyp Erdogan. Sarà, quella, l’occasione per ribadire le scuse dopo le dichiarazioni con cui il presidente del Consiglio definiva “dittatore” il presidente turco. Ma anche per chiarire alcuni aspetti del negoziato con Mosca sull’Ucraina e del memorandum con la Nato che prevederebbero la possibilità di estradizione da Svezia e Finlandia di aderenti al partito curdo Pkk. E il via libera dagli Usa all’invio in Turchia degli F16 (per gli F35 bisognerà attendere ancora).

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